Venegono Superiore – L’associazione Familiari vittime della strada chiede che vengano presi provvedimenti per rendere meno pericoloso il lungo rettilineo teatro di troppi incidenti
Un altro mazzo di fiori, un’altra croce in via Cesare Battisti. Per Venegono Superiore un altro shock per una giovane vita spezzata lungo “lo stradone”, il lungo rettlineo che unisce Venegono Superiore e Venegono Inferiore, tragicamente famoso proprio per la sua pericolosità.
Dopo il drammatico incidente che ieri notte è costato la vita alla giovane Marianna Cerrone, di soli 23 anni, è l’associazione che riunisce i familiari di chi ha vissuto l’identica tragedia a dare voce a un pensiero che in queste ore è condiviso da molti: “A Venegono un’altra giovane vita spezzata sulla provinciale 46: dobbiamo fermare questa strage – dicono i rappresentanti dell’associazione familiari vittime della strada “Per una strada che non c’è” – Via Battisti può essere resa meno pericolosa, magari con la posa di semafori dotati di radar che al passaggio di auto che vanno troppo veloci fanno scattare il rosso».
I familiari di un bambino recentemente travolto e ucciso da un’auto, a poche decine di metri, dove è morta Marianna, hanno ricostruito con la memoria, salvo errori e omissioni, le vittime che ci sono state su questa strada, lunga pochi chilometri: «I coniugi Romanazzi, Mortillaro, Lauri, Acquaviva, Muraca, il giovane Andrea Pigazzini, Luca Gamillo, poco più di un bambino e ora Marianna Cerrone di soli 23 anni».
«Siamo un gruppo di genitori che hanno perso i figli negli incidenti stradali e ci stiamo impegnando con tutte le nostre forze affinché altre vite non restino sull’asfalto. Ci siamo riuniti in un’associazione con l’obiettivo di affermare la cultura del rispetto della vita propria e degli altri sulla strada e in ogni luogo, e di portare il nostro dolore in mezzo agli altri per far capire che una tragedia come la nostra può succedere a tutti, senza differenza di età, sesso, condizione sociale, professione. Non vogliamo destabilizzare nessuna istituzione, creare o spostare consensi all’interno del quadro politico».
«Occorrono scelte etiche coraggiose da parte di tutti i soggetti – spiega Ernesto Restelli di Lonate Ceppino, presidente dell’associazione – Chi gestisce la comunicazione , non opera per la difesa della vita se punta sulla cronaca sensazionale senza dare rilevanza alle cause che uccidono e magari soffoca la voce di chi è impegnato in prima linea. Chi è impegnato nella politica non opera per la difesa della vita se pone in primo piano il potere e il consenso per il proprio partito e non l’attenzione necessaria ai problemi dei cittadini. Qualunque posto uno occupi, non opera per la difesa della vita se pensa egoisticamente solo a se stesso e non capisce che i problemi umani ci appartengono e attendono da ciascuno di noi un impegno solidale».
Varese News
Giovedi 28 Dicembre 2006
Mariangela Gerletti
mariangela.gerletti@varesenews.it
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